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martedì 6 giugno 2017

Archeologia. Il Neolitico Finale in Sardegna: la cultura di Ozieri (3200 - 2800 a.C.), quando compaiono i primi metalli. Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Archeologia. Il Neolitico Finale in Sardegna: la cultura di Ozieri (3200 - 2800 a.C.), quando compaiono i primi metalli.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano

Denominata anche Cultura di San Michele, la fase cronologica conosciuta come Cultura di Ozieri si sviluppò alla fine del neolitico e segnò il cambiamento epocale dall’età della pietra alla prima età dei metalli, circa 5000 anni fa. Il suo nome deriva da una grotta nelle vicinanze di Ozieri dove, all’inizio del Novecento, sono stati ritrovati eleganti ceramiche finemente lavorate e decorate con motivi geometrici incisi e colorati con ocra rossa. La materia utilizzata per fabbricare le punte di freccia, le lame e le accette era sempre la pietra, ossidiana, selce, ma gli uomini di Ozieri avevano imparato a lavorarla abilmente. Questa elevata perizia manuale e il gusto per la decorazione delle ceramiche, descrivono comunità con un'organizzazione sociale evoluta nella quale c’era un’arcaica divisione del lavoro. Fra le forme vascolari più caratteristiche si notano i
vasi tripodi, funzionali alla cottura dei cibi sulla brace. Compaiono per la prima volta ceramiche che mostrano colorazioni riferibili ai metalli, soprattutto rame e argento. Pur non avendo testimonianze di ritrovamenti metallici così antichi nell’isola, certamente il nuovo gusto è riferibile alla volontà di abbellire i vasi con pigmenti che evocavano il possesso dei metalli e la loro lavorazione. Fino ad allora, questa tipologia di manufatti erano presenti solo nelle isole del Mediterraneo orientale, ed è probabile che i traffici commerciali dell’ossidiana fecero incontrare i sardi con i mercanti di quelle lontane isole. Si svilupparono nuovi stili di vita, e l’impulso dato dalla conoscenza dei metalli portò a evolute società che diedero vita a un sensibile incremento demografico, all’edificazione di villaggi organizzati e a nuove tecniche manifatturiere, soprattutto quelle legate alla tecnologia dei metalli. Compaiono in Sardegna centinaia d’insediamenti rurali che presentano capanne in pietra, con muri circolari o rettangolari sui quali veniva realizzata una copertura in legno, canne, frasche e argilla. I pavimenti in terra battuta vengono sostituiti da quelli in lastre di calcare o arricchiti con acciottolato. L’assenza di fortificazioni e la scarsità di armi rinvenute negli scavi, suggeriscono genti pacifiche che sviluppano una religiosità legata al mondo dei defunti e alla Dea Madre. Le grotticelle funerarie scavate nella roccia testimoniano la volontà di conservare i corpi per favorire la rigenerazione della vita, similmente a ciò che vedevano in natura con la rinascita stagionale dei cicli vegetativi. L’ocra rossa, colore del sangue e della vita, ricopriva i defunti con la doppia valenza di elemento battericida e magico. I riti di fertilità che accompagnavano la deposizione miravano a restituire la vita attraverso l’introduzione delle spoglie mortali in una grotticella artificiale scavata nel ventre della Madre Terra, e la potenza generatrice delle divinità era stimolata con offerte e simboli scolpiti in rilievo o dipinti. La raffinata lavorazione di queste domus de janas testimonia un mondo di credenze legate al rispetto dei morti, alla natura e ad animali sacri, come suggeriscono le decorazioni di protomi bovine, di spirali, di false porte dell’aldilà e i vari disegni geometrici. In Gallura abbiamo i circoli funerari megalitici, ossia tombe realizzate con pietre infisse verticalmente seguendo la circonferenza di un cerchio al centro del quale c’è la sepoltura dentro una cista litica: una sorta di sarcofago quadrangolare in pietra. Le genti di Ozieri rappresentavano la Dea Madre con raffinate statuine che, differentemente dalle forme opulente del periodo precedente, risultano stilizzate con sottili forme a croce che richiamano gli idoletti delle isole egee che evidenziando i contatti fra l'Oriente e l'Occidente del Mediterraneo. Secondo alcuni studiosi, la figura astratta del Dio Toro riportava al culto del bue. Antiche credenze vedono questo animale incarnare la fertilità maschile mentre la Dea Madre e l’acqua riportano alla fecondità agraria, suggerendo un forte legame tra il simbolismo taurino paterno e quello del ventre materno, a loro volta ispirati al sole e alla luna.




2 commenti:

  1. ...." ed è probabile che i traffici commerciali dell’ossidiana fecero incontrare i sardi con i mercanti di quelle isole"....i traffici commerciali da quali navigatori erano fatti????

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  2. Non potremo mai saperlo. Conosciamo le merci, conosciamo le culture ma non abbiamo tracce archeologiche significative o fonti letterarie affidabili che raccontino l'identità dei vettori.

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