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domenica 27 novembre 2016

Archeologia. La tomba di giganti Is Concias, a Quartucciu.

Archeologia. La tomba di giganti Is Concias, a Quartucciu.
di Pierluigi Montalbano



Da Cagliari, al km 20 della SS 125, si svolta a destra a Piscina Nuxedda, e si prosegue per circa 6 km sui monti “Sette Fratelli” tenendosi sulla destra lungo una salita, asfaltata, fino a raggiungere il luogo sacro, a 350 metri s.l.m.  La monumentale Tomba di Giganti Is Concias è interamente costruita in granito e misura 16 metri dal portello all’abside. Ben conservata dopo 3500 anni dalla sua costruzione da parte di una comunità nuragica locale, presenta una facciata costruita con grossi massi sbozzati e sovrapposti a filari. Il corridoio funerario, lungo oltre 8 metri, presenta la
classica geometria rettangolare rastremata verso il fondo dotato di abside. L’ampia esedra semicircolare delimita una piazza di 10 metri di diametro e al centro si apre l'ingresso a dolmen trapezoidale con stipiti formati da due blocchi sormontati dall’architrave. La camera funeraria, priva di nicchie, ha sul fondo un bancone rettangolare a tutta larghezza. Le pareti interne sono aggettanti, pur non chiudendosi a ogiva perfetta, e danno la sensazione di trovarsi sotto una barca rovesciata. Il pavimento, non lastricato, è stato spianato nel bancone roccioso. All’interno furono trovati frammenti ceramici, schegge di ossidiana e ossa umane.

Davanti all’ingresso, c’è un grande betilo in granito locale, e a pochi metri, in prossimità di un’ala dell’esedra, si notano pozzetti scavati nella roccia e delimitati da cerchi di pietre. La forma dell’edificio è quella consueta a protome di bovino, l’animale che fin dal Neolitico faceva parte dei rilievi simbolici scolpiti nelle domus de janas per vegliare sul sonno eterno dei defunti. 


Le domus erano delle grotticelle artificiali scavate nella roccia che presentavano un piccolo ingresso quadrangolare, chiuso da un portello, che divideva il mondo dei vivi da quello dei morti, una sorta di porta dell’aldilà. 

2 commenti:

  1. La simbologia restituita con evidenza dalla stessa forma del monumento sembra essere proprio quella. Ancora e sempre, nei millenni, il toro. Giusto rimarcare la linea di continuità in ambito funerario. Credo che lo stesso simbolo sia quello in assoluto più ricorrente nelle domus de janas. Magari non è un caso: mostrerebbe quanto sia potente l'eredità ricevutà dagli avi del neolitico anche all'interno di un contesto di radicali trasformazioni. Continuità che del resto dovrebbe essere testimoniata sempre in ambito funerario dalla trasformazione che i nuragici operano sulle domus de janas del sassarese, scolpendo all'ingresso la stele centinata. Un altro anello di congiunzione fra le due epoche sembra essere, oltre ovviamente Bonnannaro, anche Monte Claro.

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  2. Anche sull'elmo con corna taurine che contraddistingue i guerrieri nuragici probabilmente si dovrebbe fare uguale ragionamento. E' infatti evidente che non hanno un valore funzionale, ma prettamente simbolico. Sono un altro fortissimo indizio riguardo alle origini occidentali degli shardana.
    Si potrebbe pensare che sul capo portassero la protezione del loro dio (unico?). Simbologia che si connetterebbe a meraviglia con quella del disco solare che in Egitto i nuragici appongono al centro dell'elmo taurino. Sole e toro insieme.
    Disco solare che poi è l'emblema della religione del dio unico propugnata da Akhenaton, faraone vissuto in Egitto proprio nell'era delle incursioni dei PdM, tra i quali un ruolo precipuo hanno i nostri shardana. Significa qualcosa? Forse non è da escludere.

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