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mercoledì 6 giugno 2012

Sardegna - Manuale di archeologia per "dilettanti" - dispensa 3



3° dispensa: Le sepolture
di Pierluigi Montalbano.


Fra gli indizi più rilevanti a disposizione degli archeologi troviamo le tracce lasciate nei siti funerari. A differenza dei villaggi, questi luoghi offrono spesso manufatti ancora sigillati nei sepolcri, e consentono un’analisi precisa del contesto. Architettura, resti ossei, cenere, ceramiche, gioielli, armi, decorazioni tombali e altri segni del passato sono utili a ricomporre il mosaico di indizi che consente l’interpretazione del modo di vivere dei sepolti, in gergo denominato facies o cultura. In Sardegna, i più celebri luoghi di sepoltura scelti dalle comunità neolitiche sono denominati Domus de Janas. Si tratta di templi realizzati in luoghi sacri e dedicati al culto dei morti. Le strutture sepolcrali sono scavate nella roccia e, oltre a quelle sarde, si trovano lungo tutto il bacino del Mediterraneo. In Sardegna se ne contano quasi 3.000, e molte rimangono ancora da scavare. Sono frequentemente collegate tra loro a formare delle necropoli sotterranee, con in comune un corridoio d'accesso e una spaziosa anticamera. Gli archeologi riferiscono che furono scavate e decorate durante la Cultura di Ozieri (Neolitico finale), ma gli scavi effettuati nella necropoli di Cucurru is Arrius a Cabras hanno permesso di retrodatarle fino alla Cultura di Bonu Ighinu (Neolitico Medio). Le genti della Cultura di Ozieri si diffusero sull’isola Sardegna cambiando il modo di vivere delle precedenti popolazioni neolitiche. Erano comunità laboriose e pacifiche, dedite all'agricoltura, alla pesca, alla pastorizia e la loro religione si riferiva a divinità comuni alle altre civiltà agricole: Sole,Toro e Fuoco, simboli della forza maschile; Acqua, Luna e Madre Mediterranea, simboli della fertilità femminile. Statuine stilizzate della Dea Madre sono state spesso ritrovate in queste sepolture e nei luoghi di culto.


Le Domus De Janas sono uniche nel panorama mediterraneo per l'accurata lavorazione, per i caratteristici aspetti architettonici e per le decorazioni che richiamano le case dei vivi, suggerendo come fossero costruite le case di 5000 anni fa. Abbiamo grotticelle a forma di capanna rotonda con il tetto a cono, o spazi rettangolari a tetto spiovente, provvisti di porte e finestre. Non sono rare le colonne e le finte porte per raggiungere l’aldilà. Nelle tombe più maestose si notano le travi del soffitto ricavate lavorando la roccia a rilievo. Le pareti e i pavimenti erano colorati in rosso e blu, e decorati con figure rigorosamente legate alle divinità astrali (sole e luna) e agli elementi vitali (acqua e fuoco). Questi templi erano arricchiti con simboli religiosi (bracieri, protomi taurine, spirali, cerchi concentrici, rombi). I corpi venivano deposti in posizione fetale, spesso ricoperti con ocra rossa, il colore del sangue e della vita. Altre volte sopra il morto si realizzava un bianco cumulo di valve di molluschi. Accanto alle spoglie erano deposti amuleti, vivande, punte di freccia, armi e altri oggetti di uso comune, a formare un corredo del defunto. Nel tempo i corredi funebri erano rimossi per far spazio a nuove deposizioni. Le Domus de Janas più antiche precedono di qualche secolo un altro tempio funerario caratteristico dei secoli a cavallo fra Neolitico ed Età del Rame: il Dolmen, una tomba megalitica a camera singola le cui prime realizzazioni sono da localizzare in Gran Bretagna. I dolmen erano delle sepolture collettive riutilizzabili. Questo spiega perché, in certi dolmen, si siano trovati resti umani di centinaia di individui e di corredi funerari appartenenti a differenti periodi. Considerata l'esiguità dei resti umani rinvenuta in alcuni dolmen giganteschi, evidenti monumenti di prestigio, ci si può chiedere se non fossero in realtà strutture sacre (templi) presso le quali i capi e i sacerdoti chiedevano di essere tumulati. Quanto al tumulo, aveva la funzione di proteggere la camera funeraria e quella di ostentare la sua maestosità: un grande tumulo rivestito, imponeva la sua massa al visitatore e conferiva sicuro prestigio alla comunità che lo aveva eretto. In Sardegna è presente il Dolmen più grande del mondo, Sa Coveccada, nel territorio di Mores. E’ alto quasi 3 metri, e lungo oltre 5. Il monumento, a pianta rettangolare, è realizzato con tre grandi lastre squadrate in trachite locale, infisse nel terreno, a sostegno di una lastra di copertura del peso di quasi 20 tonnellate. E’ andata perduta la parete posteriore. Nel prospetto principale si apre un piccolo accesso che introduce all’unica camera nella quale, scavata all’interno del lastrone verticale a sinistra dell’ingresso, si trova una nicchia funzionale, verosimilmente, alla deposizione del corredo funerario e delle offerte. I Dolmen costituiscono un “passaggio” fra le Domus De Janas, ricavate scavando nella roccia, e le tombe artificiali realizzate sovrapponendo pietre mediante l’uso di due tecniche differenti: ciclopica o megalitica. Il modulo dolmenico, ossia due pietre verticali che sostengono una lastra piatta che costituisce la copertura, può essere replicato per ottenere lunghi corridoi denominati “gallerie dolmeniche”.



L’evoluzione di queste strutture porterà nel corso di qualche secolo alla realizzazione delle Tombe di Giganti, i templi ideati dai nuragici e dedicati al culto dei defunti. Questi 350 edifici mostrano differenti sistemi di costruzione, ma rappresentano con rigore ossessivo una duplice simbologia: protome taurina e utero. Forse i sardi dedicarono ai defunti i templi che racchiudevano simbolicamente il ciclo vitale: il defunto era deposto nel luogo che l’aveva generato. Inoltre la potenza del toro costituiva una forza vitale che avrebbe accompagnato i morti nel viaggio verso l’aldilà. A volte il prospetto delle Tombe di Giganti offre elementi di difficile interpretazione: una grande stele, talvolta divisa in registri, che presenta un piccolo portello in basso: una porta che divide il mondo dei vivi dal mondo dei morti. Una stele simile, in rari casi, si può trovare scolpita nella roccia anche negli ingressi delle domus de janas. L’area posta davanti alla facciata di questi templi generalmente è racchiusa fra due ali in pietra a formare un semicerchio, ed è denominata esedra. A volte in quest’area si trovano menhir, banconi-sedili in pietra e altri elementi legati alla religiosità. Questi particolari sepolcri consistono in una camera lunga dai 20 ai 30 metri e alta da 2 a 3 metri. In origine la struttura, similmente ai dolmen, era ricoperta da un tumulo e il soffitto interno era piatto o somigliante a una barca rovesciata. Il primo tipo di Tomba di Giganti deriva dai dolmen, con esedra realizzata con massi conficcati a coltello. Successiva a questa tipologia è il tipo a filari, con esedra senza stele e ali realizzate con una muratura a filari orizzontali; in questo caso i massi sono lievemente squadrati. La successiva evoluzione consiste nell’applicazione dell’isodomia, ossia con conci perfettamente squadrati, presenti anche nei coevi nuraghi e pozzi sacri. A questa tipologia appartengono due sottotipi: il tempio con portello centrale architravato e quello con portello ricavato in una lastra trapezoidale. Le Tombe di Giganti concludono il loro ciclo vitale intorno al X a.C. quando un nuovo sistema sociale, influenzato dai contatti sempre più frequenti con l’esterno dell’isola, porta i sardi a dedicarsi ad altre architetture. I nuraghi non sono più ristrutturati e con le parti sommitali crollate si edificano capanne in prossimità delle torri. Alcuni fra i più maestosi sono trasformati in luoghi di culto, e le sepolture sono totalmente differenti: non più comunitarie in monumenti importanti ma più meste, in pozzetti singoli ricoperti con lastre che li sigillano. E’ il caso di Antas e di Monte Prama. Dedicherò a queste nuove tipologie tombali la dispensa di domani.

Nelle immagini...dall'alto:
Mesu e Montes - Ossi (Circolo fotografico Le Conce - Alghero)

S'Adde 'e Asile - Ossi (Foto di Marcello Puddu)(http://www.fotocommunity.it/pc/pc/mypics/753015/display/6891974)

Tomba di Giganti Is Concias - Quartucciu
Foto di Cristiano Cani

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