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giovedì 9 dicembre 2010

L'Italia Dal Neolitico alle età dei metalli, ultima parte


I palafitticoli sono abilissimi nelle costruzioni sull'acqua, nella deviazione dei fiumi e nelle costruzioni di canali per far defluire le acque e prosciugare terreni. In base ai resti archeologici, oltre all'agricoltura, si dedicavano alla metallurgia, alla ceramica e alla tessitura. Il tenore di vita doveva essere elevato proprio in virtù di queste attività e all'intenso commercio basato sugli scambi con i popoli confinanti, o con quelli lontani. Anche se attorno a questi c'è tuttora un fitto mistero mancando fonti scritte, stando a talune notizie pervenute fino ai giorni nostri, sembra che essi abbiano avuto rapporti con Egizi, Fenici e Micenei, che portarono le loro ceramiche. Visto che a Ledro è stata rinvenuta l’ambra, si può ragionevolmente supporre che scambiassero anche con popoli dell'estremo nord europeo, e precisamente con gli Scandinavi. Il 1200 a.C., come abbiamo già detto, i palafitticoli e i terramaricoli, quasi all'improvviso scompaiono, ma fino ad allora costituivano la popolazione più numerosa di tutto il Nord Italia. Anche nel sud con la scomparsa della civiltà micenea cessano temporaneamente i rapporti con il mondo egeo. Su tutta la penisola avviene una grande unificazione culturale, i tipi di ceramiche sono simili e si ritrovano da un capo all'altro dell'Italia, pur con caratteri propri che distinguono le antiche culture regionali. Dal 1200 al 1000 a.C. la documentazione archeologica non ha ancora ricostruito bene gli avvenimenti. Oltre la misteriosa dispersione dei palafitticoli a sud del Po, c'è l'arrivo dei Venedi (Veneti) nella pianura nord orientale; poi alcune popolazioni di origine illirica, gli Iapigi, che si stanziano lungo le coste adriatiche italiane fino in Puglia. Contemporaneamente si costituisce un nuovo grande gruppo culturale in Romagna e nell'artea tra l'Arno e il Tevere, ma non sappiamo fino a che punto svolgono una funzione decisiva nella più antica storia d'Italia: si tratta del gruppo Villanoviano. Dentro si trova di tutto intimamente fuso: cultura dei campi di urne, palafitticoli, terramare, appenninica, e gli ultimi arrivati approdati in Toscana dal Mar Tirreno (dal loro re prende pure il nome): gli Etruschi. Invece di unire, provocano la frantumazione di quell'omogeneità culturale villanoviana che si stava sviluppando sull'intera penisola. Molti popoli sono sospinti su altre terre: i Siculi del Lazio emigrano a sud; i Latini stanziati nella conca del Fucino (nella Marsica, Abruzzo) sono sospinti a sud del Tevere, e vanno ad occupare i colli Albani portandosi dietro culture d'origine settentrionale, (si nota dalle ceramiche). Fino alla fondazione di Roma praticano, insieme agli altri, il rito della cremazione. I colli Albani da un paio di secoli erano diventati una regione abitabile, forse a causa delle eruzioni dei suoi circa cinquanta crateri nei dintorni, che la ricoprivano a intervalli regolari con uno spesso manto di cenere.

L'epoca dell'agricoltura ritardò, ma allo stesso tempo assicurò la prosperità con una fitta vegetazione. Nel primo periodo in Italia dell'Età del Ferro (XI-XVIII a.C.), si notano profonde e rilevanti trasformazioni d'ordine economico, sociale, politico e culturale. Le nuove popolazioni iniziano a raccogliersi in piccoli ma importanti centri urbani, circondati da un territorio agricolo, e queste strutture "cittadine" iniziano l'egemonia sulle popolazioni delle campagne, creando le prime classi sociali. Al vertice di queste emergono come importanza e ricchezza i guerrieri, che consolidano con la forza il loro potere e lo tramandano ai propri discendenti, che in brevissimo tempo vanno a costituire l'aristocrazia. In parallelo a questi insediamenti (nell'alto Tirreno degli Etruschi, e dei Latini nei colli Albani), altri insediamenti, destinati anche questi ad avere una forte incidenza nella storia d'Italia, avvengono nel basso Tirreno, nello Ionio, nel basso Adriatico e in Sicilia: parliamo dei Greci. Questi ultimi iniziarono la colonizzazione per intensificare gli scambi commerciali e, dopo le prime fasi, culminò con la fondazione di alcune colonie (nel 755 a.C. Phitecusa, nel 750 Cuma, nel 733 Siracusa) e subito dopo in altre città lungo tutte le coste dei tre mari, dal sud del Lazio fino in Sicilia. Gli uni e gli altri nell'arco di un paio di secoli, operano una profonda svolta culturale in senso orientalizzante ed ellenizzante, che rappresentò per l'Italia centrale il definitivo superamento delle condizioni protostoriche e il passaggio alla civiltà urbana. Catone scrive che dal VII e VI a.C. tutta l'Italia era sotto il dominio etrusco. Attraverso Preneste, gli etruschi dominarono la via tra Lazio e Campania, occuparono parte di queste regioni e controllarono la nascente e temuta Roma. Per fermare l'espansione dei loro cugini greci, gli Etruschi si allearono con i Cartaginesi, ma furono ridimensionati dopo la vittoria di Gerone di Siracusa a Cuma nel 474, perdendo così il controllo del Lazio e della Campania. Nello stesso periodo (quindi solo nel VI-V a.C.) a nord della penisola, nella valle padana, scende dal nord una nuova popolazione: i Celti (dai Romani chiamati Galli). Tentarono di colonizzare questi territori padani, fino al III a.C., cioè fino all'avvento dei Romani.

Fonte: cronologia.leonardo.it

Le immagini di Sara Montalbano sono del Museo Archeologico di Cagliari

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